È appena stato pubblicato in Italia il libro Internet ha ucciso il Rock II, curato dallo scrittore tarantino Giancarlo Caracciolo, edito da Les Flâneurs Edizioni. La particolarità del testo, sequel del precedente capitolo Internet Ha Ucciso il Rock (Les Flâneurs Edizioni, 2018) è l’analisi approfondita sulla convivenza con una trasformazione digitale in costante mutazione, e su come questa stia mettendo in pericolo la cultura della musica, in particolare di quella rock.
Partendo dai tempi della musica dal vivo come esperienza sociale, spicca l’analisi sulla storia del Whisky a Go Go di Los Angeles, storico locale di musica dal vivo reso celebre da Mario Maglieri, il re della Sunset Boulevard nato nel 1924 a Sepino, in Molise.
Nel racconto dedicato, si romanza in pieno stile narrativo sulla vita del business manitaliano abbracciando realtà e finzione, col fine di analizzare l’importanza che il Whisky a Go Go ha avuto a partire dagli anni Sessanta, tra personaggi bizzarri della movida di Hollywood, e un approccio del pubblico basato sulla curiosità di ascoltare musica inedita, che prosegue simbolicamente col passaggio di consegne che avverrà anni dopo con l’apertura del Whisky a Go Go rockbar, incastonato nella marina di Pulsano (Taranto) e gestito in maniera ormai consolidata dall’imprenditore jonico G. Piccione.
La cultura della musica dal vivo e intrattenimento musicale è un’eredità che nel sud Italia e non solo, sembra essere messa in pericolo da una presenza sempre più invadente di cover band, che stanno togliendo forse troppo spazio agli artisti emergenti. La teoria presente nel testo è che sia proprio internet, nel suo utilizzo incontrollato e fuori da ogni canone, ad aver influenzato negativamente la curiosità di voler scoprire nuovi artisti attraverso la musica dal vivo, a dispetto dei suggerimenti provenienti da piattaforme di streaming, che anche attraverso l’ausilio di algoritmi non sempre trasparenti, fungono da nuovo vettore culturale.
A fornire all’autore jonico dei principi di risposta su come provare ad uscire da questa impasse ci ha pensato un’azienda icona della vendita dei dischi su scala mondiale, la Tower Records di Tokyo, ultima della storica catena di dischi fondata da Russ Solomon negli anni Sessanta proprio in California, divenuta società autonoma dal 2006.
L’azienda giapponese leader del mercato musicale asiatico ha accettato di rilasciare tutte le informazioni richieste per dare contezza rispetto a quanto narrato e approfondito nel testo, fornendo a Caracciolo le nozioni che motivano le ragioni per cui, nonostante gli effetti della digitalizzazione, il Giappone gode di un ruolo di primo piano a livello mondiale per quanto concerne la vendita dei dischi e più in generale il forte rispetto per la musica e per gli artisti.
Il libro è acquistabile sul sito della casa editrice, in libreria o sugli store online.
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