“Evidentemente la lezione non è servita”: è uno dei passaggi dell’ex ministro della salute Roberto Speranza, sabato mattina a Taranto per presentare il suo libro “Perché Guariremo”.
“Durante la pandemia – ha detto – avevamo ben chiara l’importanza della salute, poiché semplicemente a volte la storia entra in casa e cambia l’ordine delle priorità. In quel tempo, avevamo la netta sensazione che non saremmo tornati indietro e che non si sarebbe più risparmiato, sacrificando un settore fondamentale come quello della sanità.
Così non è stato purtroppo; lo dimostrano i tagli che stanno interessando proprio la sanità, che riguardano l’edilizia sanitaria, in particolare la messa in sicurezza”.
E questo, tradotto in soldoni, significa una sanità pubblica depotenziata, e l’avvio di un meccanismo che, senza troppa fantasia, non può che portare verso il privato.
“Se non si investono risorse, si esce dal modello di universalità, quello che i padri costituenti hanno voluto sancire a chiare lettere nell’articolo 32, per garantire le cure sanitarie a tutti, indipendentemente dalle possibilità economiche di ciascuno. E questo procedere verso lo smantellamento del pubblico, nessuno lo comunicherà e nessuno lo ammetterà”.
“Un lavoro sottotraccia in atto dunque che porterà al collasso del sistema sanitario nazionale e alle cure solo per chi se lo può permettere.
Indispensabile quindi, in questo momento storico, una mobilitazione politica ma anche sociale e culturale. Così come è indispensabile lavorare su due punti essenziali: le persone e il territorio. Le persone sono tutti coloro che hanno operato nella sanità durante l’emergenza, coloro che abbiamo chiamato eroi. Va ricordato che bisogna continuare a lavorare per eliminare un tetto alla spesa che deriva dalle assunzioni, tetto posto da Berlusconi e Tremonti.
Secondo punto: il territorio. Bisogna favorire un minor ricorso al Pronto Soccorso, dando risposte in termini di prossimità, rafforzando per esempio l’ assistenza domiciliare che in Italia è insufficiente, nonostante una consistente fetta della popolazione sia costituita da anziani. Al tempo stesso vanno aperte più case di comunità, presidi territoriali distribuiti in maniera capillare e aperti 24 ore su 24”.
E sulla gestione della pandemia Speranza ha sottolineato: “Si trattava di fare scelte pesanti e determinanti, tra diritti fondamentali come quello alla salute e quello all’istruzione, a proposito per esempio della chiusura delle scuole. Poi si è scelto ancora per la tutela della salute, anzi della vita, quando dall’altra parte c’era la necessità di lavorare e tenere aperte le attività commerciali. Un momento decisamente duro, in cui ogni giorno, in un confronto fitto con gli scienziati, finanche notturno, ci interrogavamo sulle scelte, sui tempi, sui rischi e sulle ripercussioni delle stesse. Poi, alla fine, abbiamo preso decisioni unicamente provando a salvare più vite possibile”.
Ha dialogato con Roberto Speranza Vito Montanaro , direttore del Dipartimento Salute della Regione Puglia, che si è soffermato sulla descrizione del momento nevralgico della pandemia in Puglia, in cui è stata gestita una macchina complessa, in un momento estremamente complicato, ma anche sui quasi 10 milioni di dosi di vaccino iniettate sul territorio regionale tra prima, seconda e terza somministrazione.