giovedì, Novembre 21

Giovedì 11 Aprile, “La rivoluzione del 1848. Riflessi in Terra jonica”

Giovedì 11 Aprile alle ore 17, presso la Sala convegni dell’ex Ospedale vecchio, si terrà l’ottavo appuntamento delle “Conversazioni del giovedì”, il ciclo di conferenze organizzato dal comitato tarantino dell’Istituto nazionale per la Storia del Risorgimento. L’incontro verterà sui riflessi nel Salento, e in particolare su Taranto, dei moti del 1848.

La cosiddetta “Primavera dei popoli”, ovvero i moti del ’48, segnò una linea di demarcazione con il passato. Una vera e propria rivoluzione in tutta Europa contro i regimi assolutisti. I moti risorgimentali cambiarono lo status quo e le ripercussioni si ebbero anche in terra d’Otranto.

In un rapporto del sottintendente di Taranto del 24 ottobre 1849, conservato nell’Archivio di Stato di Lecce, si legge che a Massafra nei primi di febbraio Domenico Guglielmi “vestitosi all’Italiana” prese una bandiera tricolore e, seguito da un gran numero di contadini, andò gridando “viva l’Italia, Via Pio IX! Fuori il Delfino!” (riferendosi al re). Sempre a Taranto c’era il “Caffé Moro” in Piazza Archita, punto di diffusione delle notizie dalla capitale e per questo frequentato dai liberali, fu teatro di una sparatoria da parte della guardia nazionale. A Pulsano la promulgazione dello statuto fu festeggiata con tanto di corteo, coccarde tricolori e sbandieramenti. La guardia civica innalzò sul corpo di guardia il vessillo nazionale che dopo fu portato dal popolo in chiesa dove si cantò il Te Deum e si inneggiò alla Costituzione. Molti i preti che vestirono la fascia tricolore. A Martina Franca furono fatte dimostrazioni chiassose organizzate dai liberali Vitantonio Iasorte, Vito Semerano, Diego Palmieri, Raffaele grassi, Paolo Liuzzi, Francesco e Donato Fumarola ed il sacerdote Eustachio Santoro. Di quelle sommosse è giunto a noi un rapporto di un giudice dell’8 agosto 1850 che, in riferimento al sacerdote, scrisse “Ehi di notte fu ridotto in pezzi a colpi di sciabola lo stemma reale situato sul corpo della guardia urbana”.

Di fronte a queste dimostrazioni le autorità borboniche si mostrarono tolleranti. Non furono, invece, del tutto coinvolti (o meglio non si sentivano coinvolti) i contadini. Questi avrebbero voluto riforme con vantaggi reali e immediati soprattutto di rivendicazione delle terre demaniali la cui divisione era stata promessa da lungo tempo e che non era voluta proprio da quegli esponenti della borghesia che erano i principali rappresentanti del movimento liberale locale. Crebbero, quindi, i contrasti tra i cittadini che mostravano simpatia per la causa liberale le plebi dei villaggi e dei paesi che non avevano compreso il valore della Costituzione.

A parlarne è Stefano Vinci, professore associato di Storia Medievale e Moderna del Dipartimento Jonico in “Sistemi Giuridici ed Economici del Mediterraneo: società, ambiente, culture” dell’Università di Bari. Introduce l’avvocato Francesco Guida, direttore del Comitato di Taranto dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano.

L’ingresso alle conferenze sarà libero. Inoltre sarà possibile seguirle attraverso il canale Youtube del Comitato di Taranto dell’Istituto per la Storia del Risorgimento.

Di seguito i prossimi incontri:

– 2 Maggio 2024, “L’importanza di Carlo Poerio nel Risorgimento italiano”. Relatore: Anna Poerio Riverso, docente, direttore del comitato di Caserta dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano
– 16 Maggio 2024, “I prigionieri francesi del Castello aragonese di Taranto: Dumas, Dolomieu, Manscourt”. Relatore: Francesco Guida, direttore del comitato di Taranto dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano.

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